D.L 124/2019: nuove complicazioni per i commercialisti?

il Decreto-legge n. 124/2019 presenta dei risvolti pratici piuttosto complessi per il nostro lavoro. Analizziamo quali sono le principali novità fiscali che sono state introdotte e che ci riguardano più da vicino.
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Grazie ai nuovi Decreti Legislativi, e ai vecchi “migliorati”, stiamo nuotando in un oceano di difficoltà e responsabilità che, a mio avviso, non ci dovrebbero competere.

Ci alziamo la mattina con nuove disposizioni obbligatorie come quella di dover “segnalare” i nostri clienti, al fine di limitare l’evasione fiscale, addirittura per le “intenzioni” di pagare meno tasse di quelle dovute.

La sera torniamo a casa esausti e ci comunicano le nuove disposizioni in materia di “Privacy e antiriciclaggio” con l’inasprimento delle sanzioni.

Delusi e intimoriti da una sempre più difficile “professione”, comunque tentiamo di andare avanti cercando di dare un senso a tutti questi eventi normativi.

Ci stanno inondando di nuove leggi, nuove procedure, nuove formalità sempre in modo frenetico e con una forte connotazione di provvisorietà, creando una confusione magmatica nella quale è impossibile raccapezzarcisi. 

Per questo motivo vorrei segnalare due punti con risvolti pratici piuttosto complessi introdotti dal recente Decreto-legge n. 124/2019.

La prima disposizione è l’art. 4 comma 1, DL. n. 124/2019, che introduce una modifica al DL.gs n. 241/97 inserendo l’articolo 17 bis, e novando le norme che disciplinano le ritenute fiscali dei redditi di lavoro dipendente e assimilati negli appalti, affidatari e sub appalti.

Stando all’enunciato articolo 17-bis, sopra menzionato, a partire dal 1° gennaio 2020 diventa responsabilità del committente il versamento delle ritenute fiscali, IRPEF e Addizionali all’IRPEF, trattenute dalle imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.

Tali somme, in base alla nuova disciplina, dovrebbero essere messe a disposizione al committente dal datore di lavoro.

L’ambito applicativo della norma non si limita ai soli contratti generici di appalto o subappalto. 

Con l’espressione “appalto” il legislatore ha voluto comprendere anche i contratti di SUBFORNITURA, di LOGISTICA, di SPEDIZIONE E TRASPORTO, dove l’oggetto del rapporto è dato da un contratto di appalto o comunque quando si assume un obbligo di fare da parte di un’impresa appaltatrice.

Le modalità sono abbastanza particolari e si possono così riassumere:

  1. L’impresa appaltatrice deve trasmettere tramite PEC al committente:
  2. I dati identificativi del personale impiegato nell’esecuzione del contratto o del servizio;
  3. Il dettaglio delle ore lavorate da ciascun lavoratore per quel servizio o appalto;
  4. L’ammontare della retribuzione corrisposta e il dettaglio delle ritenute fiscali trattenute, sempre per il servizio o appalto;
  5. Inviare le somme delle ritenute a disposizione del committente.

Al committente spetterà l’onere del versamento nelle date stabilite dalla normativa.

Il dettato non fa una piega! Peccato che le ritenute IRPEF, ai sensi del DPR 600/73, devono essere determinate in base alla retribuzione complessiva corrisposta nel mese e determinata a scaglioni progressivi.

Quindi, ottenere le ESATTE ritenute da imputare alle ore/giornate lavorative per un determinato appalto o servizio sarà quasi impossibile.

Come ormai abituati da questo convulso sistema de legiferare adottato dai nostri governanti, dopo la pubblicazione della norma, incominciano ad apparire le prime delucidazioni e/o modifiche attuative.

È del 22 novembre la notizia della rimodulazione del comma 2 dell’art. 17-bis DLgs 241/97, così come modificato dall’art. 4 del DL 124/2019, che individua i presupposti in presenza dei quali viene riconosciuta la facoltà di versare direttamente le ritenute alle imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.

Quindi sono esonerate le imprese che presentano le seguenti caratteristiche:

  1. Risultino in attività da almeno 5 anni ovvero abbiano eseguito nel corso dei due anni precedenti complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo superiore a 2milioni di euro;
  2. Non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione relativi a tributi e contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro, per i quali siano ancora dovuti pagamenti o per i quali non siano stati accordati provvedimenti di sospensione.

Ad una prima lettura sembrerebbe che basterebbe soddisfare uno dei requisiti di cui alla lettera a), ovvero imprese in attività da almeno cinque anni o abbiano eseguito nel biennio precedente versamenti registrati nel conto fiscale per un importo superiore a 2 milioni di euro, per rimanere nel regime attuale.

Non è ancora chiaro se anche il punto b) debba essere soddisfatto contestualmente al punto a) per rimanere nel regime attuale. 

Per logica dovrebbe esserlo perché anche la norma vigente prevede che, per l’individuazione di un appalto cosi detto “genuino”, debba essere presente il DURC (Documento di Regolarità Contributiva) positivo.

Attenzione però alla sostanziale differenza introdotta dal comma 2 dell’art, 17-bis DLgs 241/97, che stabilisce una sorta di regolarità anche per ciò che riguarda la posizione fiscale dell’impresa. 

Altro punto dettato dal D.l. 124/2019 è quello che ha istituito l’obbligo di presentare, tramite i canali dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, i modelli F24 con compensazioni di crediti maturati in qualità di sostituto d’imposta. 

Pertanto, in tale dispositivo rientra anche il credito di imposta cosi detto “bonus Renzi” che le aziende con dipendenti utilizzano in compensazione mensilmente.

Anche in questo caso, a partire dal 1° gennaio 2020, i modelli F24 recanti la compensazione con il credito di imposta “bonus Renzi” utilizzando il Codice Tributo 1655 non potranno più utilizzare il canale home banking.

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